Primavera nel deserto del Gobi, sud della Mongólia.
Una famiglia di pastori nomadi assiste alla nascita dei cuccioli di cammello.
La routine é spezzata dal parto difficile di uno dei cuccioli, albino.
La madre, peró, non lo accetta.
Il figlio resta lí, piccolo e bianco, reggendosi a malapena sulle gambe, volendo allattarsi e lei fugge, dando calci e accarezzando l'altro cucciolo, mentre quello rifiutato geme e segue inutilmente la madre nell'arido paesaggio.
La famiglia mongola e i vicini tentano invano di convincere con la forza mamma cammello ad alimentare il figlio.
Esiste soltanto una soluzione, dice qualcuno della famiglia. Mandare a chiamare il musicista. E il miracolo comincia, musicalmente, ad avvenire.
Due bambini montano agilmente sui loro cammelli, in un'avventura fino ad un villaggio vicino, cercando d'incontrare il musicista.
É un villaggio povero, ma dov'é giá arrivata la modernitá, moto, televisione e, nella scuola di musica, in quel deserto, giovani suonano strumenti e danzano, come se l'arte sgorgasse dalle pietre.
Il professore di musica, come se fosse un medico del villaggio chiamato per un'emergenza, viaggia con il suo strumento di arco e corde per provare a risolvere il problema del rifiuto materno.
Finalmente arriva. E lí, in quel terreno desolato, mette lo strumento con un bel nastrino azzurro sul dorso di mamma cammello. La famiglia mongola assiste alla scena.
Una brezza leggera comincia a toccare le corde dello strumento. La natura da sé stessa arpeggia la sua saggezza d'armonia. Mamma cammello percepisce. Tutti i cammelli percepiscono una musica che riordina dolcemente i sensi.
Alzano la testa, aguzzano l'udito e aspettano. In seguito il musicista riprende il suo strumento e comincia a suonarlo. La proprietaria di mamma cammello accarezza l'animale e canta.
E, mentre le corde e la voce cantano, mamma cammello comincia ad accogliere il cucciolo, spingendolo dolcemente verso il suo latte. E il cucciolo, prima respinto e infelice, viene e si allatta, si allatta disperatamente felice.
Mentre si alimenta e la musica continua, succede un fatto impressionante.
Lacrime trasbordano una dopo l'altra dagli occhi di mamma cammello, facendo capire che la Natura si é incontrata di nuovo con se stessa, il rifiuto é stato superato, l'affetto ha riunito in un tuttuno amoroso gli elementi separati.
* * *
Noi, esseri umani, dalla platea, guardiamo stupefatti. Meravigliati. I mongoli della scena testimoniano appena un esercizio in piú della loro millenare saggezza.
E noi, che abbiamo perso contatto con il micro e il macrocosmo, quasi non crediamo alla nostra ignoranza su cose cosí semplici ed essenziali.
Giá nell'antichitá si parlava di terapia musicale. Casi di strumenti che calmavano la furia, curavano la sorditá, l'ipocondria e perfino la mania di persecuzione.
Un pensiero mistico indú diceva che la vita ebbe inizio nell'Universo con il primo suono ad essere udito - un re bemolle - e che la parola sarebbe nata dopo.
E noi, dell'era della tecnologia, della comunicazione istantanea, dei progressi scientifici mai sognati... E noi? Che sappiamo di queste cose?
Cose che i cammelli giá sanno, che i mongoli giá vivono. Cose dei sentimenti, cose del cuore. Che ne sappiamo noi?
Sará che sapevamo che anche i cammelli piangono?
Redazione del Momento Spirita tratto da una notizia di Affonso Romano de Sant´anna, incontrata su http://acaodopensamento.blogspot.com..
Traduzione di Fabio Consoli.
Il 02.05.2011.