Quando si parla di malattie che colpiscono delle persone del nostro circolo affettivo, quando il dolore diventa per loro insopportabile, quando assistiamo alla loro sofferenza quotidiana, chi di noi non ha già pensato ad abbreviare le loro giornate?
Vediamo queste idee emergere tra le persone che dicono di credere in Dio, nella Sua giustizia, nella Sua misericordia e infallibilità.
Vediamo dibattiti su questo argomento in film e documentari, molti dei quali presentano la morte indotta come una soluzione per porre fine a qualcosa che viene considerato incurabile, irrimediabile.
Non c'è altra via, se non la morte. Perché aspettare, allora, che passino i giorni, i mesi e le ore?
Il cappellano di un ospedale racconta che la caposala richiese i suoi servizi per prendersi cura di una donna che si stava riprendendo da un vasto intervento chirurgico addominale per cancro.
L'infermiera gli parlò di quella paziente come del problema numero uno dell'ospedale. Era esigente, violenta, intrattabile.
Usava un linguaggio volgare e, con il passare dei giorni, diventava sempre più insolente.
La prima visita del cappellano provocò in lei un'infinità di lamentele sul suo trattamento, sul servizio infermieristico, sul suo dolore, sui sacerdoti, sulla religione, sul suo medico.
Quella voce dura e violenta, rivelò al religioso una donna che viveva in preda al panico. E, con la psichiatra, che curava i malati terminali, cominciò a visitarla quotidianamente.
La sua storia era quella di una donna posseduta dal lavoro, che non si donava a nessuno. Aveva un fratello e una sorella che vivevano in città lontane e, anche se sapevano del suo viaggio verso la morte, non volevano farle visita.
Dopotutto, lei aveva vissuto una vita isolata, con poco credito nella banca degli affetti. Così, il personale dell'ospedale divenne la sua famiglia, i suoi amici.
Nel giro di poche settimane iniziò a sorridere. Visse quattro mesi e, come raccontò lo stesso cappellano, osservò il bruco sessantottenne diventare una leggiadra farfalla.
* * *
Come il tempo fa la differenza! Ecco il grande segreto. Mentre le sue condizioni di salute peggioravano, portandola alla tomba, lei accettò il fatto che non poteva cancellare decenni del suo modo di vivere.
Non poteva, come per magia, salvare il suo rapporto con i fratelli, con gli amici che non aveva conquistato o coltivato.
Ma poteva avere una nuova famiglia: i medici, gli infermieri, il sacerdote, e tutti coloro che la visitavano regolarmente e tenevano con lei lunghe conversazioni e le prestavano cure dedicate.
Un mese prima della sua partenza, in uno studio sulla morte, confessò ai presenti:
Ho vissuto di più negli ultimi tre mesi che in tutta la mia vita. Vorrei aver saputo, quarant'anni fa, quello che so adesso. Ho degli amici. Grazie.
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Il tempo è prezioso per riformularsi, rinnovarsi, per accettare ciò che non può essere cambiato, per comprendere il significato di ciò che ci accade.
Perciò, rendiamoci conto che, per il paziente considerato incurabile, un minuto è prezioso.
Può essere l'occasione per dire qualcosa che ha tenuto rinchiuso nella cassaforte dei suoi sentimenti.
Può chiedere perdono, esprimere gratitudine, può riconciliarsi con il bene.
Pensiamoci. Rispettiamo tutto ciò.
Redazione del Momento Spirita, com base
sullo Estudo de Caso, dal cap. 6 del libro
Morte, estágio final da evolução, di
Elisabeth Kübler-Ross, ed. Nova Era.
Traduzione di Fabio Consoli
Il 14.8.2024