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Momento Espírita
Curitiba, 24 de Novembro de 2024
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ícone Imparando dagli alberi

Il poeta Olavo Bilac, in pochi versi, ci invita a guardare gli alberi, gli alberi secolari, tanto più belli quanto più antichi, vittoriosi sull'età e sulle tempeste.

Gli alberi hanno molto da insegnarci. Una delle loro grandi lezioni è la loro capacità di adattamento.

Possono crescere tanto in un angoletto del cortile, da un seme gettato a casaccio, quanto, insoddisfatti, possono distruggere il marciapiede di cemento con la forza delle loro radici.

Da giovani, si piegano ai forti venti, arcuandosi come in un grande esercizio di flessibilità. Poi, passata la tempesta, eccoli lì col tronco eretto.

E, con il passare degli anni, cominciano ad irrigidirsi, allargandosi qui, spezzando altri rami appena un po' più su, arricchendo la frondosa e amichevole chioma.

Copertura d'ombra. Nido di tanti piccoli alati. La gioia dei bambini che amano annidarsi qua e là, per osservare il paesaggio da una prospettiva migliore.

Oppure legare delle corde per un'altalena. O costruire una casa proprio lì, in alto.

O magari, semplicemente, arrampicarsi fin dove possano assaporare i frutti, direttamente dalla generosa fonte.

Con cura, gli alberi si riempiono di fiori, esplodono di colori. E affinché ognuno possa vivere il suo momento speciale di sfilata, si alternano sul calendario.

Gli alberi quaresimali viola a marzo, gli alberi di ipe rosa a luglio, le jacaranda-mimose, con la loro pioggia lilla, a novembre.

Oltre a ciò si permettono di servire da palco e da auditorium agli uccelli che, anche nelle grandi città, cantano sovrapponendosi ai decibel delle auto del traffico impazzito.

Vecchi alberi amici, vedono le generazioni succedersi. Guardano il bambino crescere, maturare. Gliene accompagnano i figli che ne usufruiranno anche loro.

Fruiranno dell'ombra, dei frutti, dei fiori.

Invecchiano con dignità, senza dimenticarsi di sbocciare in fiori, in frutti, di tappezzare con maestria il terreno, di lasciar cadere qualche frutto maturo per concimare il terreno.

Vecchi alberi amici...

Non hanno paura di vedere i loro rami torcersi e il loro tronco raggrinzirsi. Ogni anno, ritrovano le forze e offrono il meglio di sé: i frutti più dolci, dai colori più vividi, che diventano i più ambiti.

Come se migliorassero nel corso degli anni, curano bene la produzione: frutti più grandi e più gustosi.

Vecchi alberi. Così saggi. Quando arriva l'autunno, cambiano d'abito, approfittando dei colori incredibili e assurdi della stagione. E così si fanno ammirare di più.

E quando arriva il gelido inverno, consumando il loro fogliame, restano lì, raccogliendosi dentro se stessi.

Vanno in letargo. E basta un leggero tocco di sole, un dolce cenno di primavera, perché si sgranchiscano, allunghino i rami e si risveglino in boccioli.

Nessuna lamentela riguardo l'inverno, il rigore dei venti, le tempeste affrontate.

Tutto è servito a renderli più forti.

E continuano a servire, nessuno volendo essere uguale all'altro. I gelsi producono le more, gli alberi di jabuticaba pendono i loro frutti dal tronco, gli acini formano grappoli originali.

Né invidia, né imitazione, né orgoglio. Appena lo svolgimento del loro compito. La gioia di servire.

Impariamo dagli alberi. Spogliamoci dell'orgoglio e dell'egoismo. Serviamo con il sorriso, lamentiamoci di meno e produciamo di più, con quello che abbiamo, dove ci troviamo.

Redazione del Momento Spirita, ispirato dal texto Minha árvore,
meu amor, di Roberta Faria, dalla rivista Sorria, di aprile/maggio 2015
 e dai versi della poesia
Velhas árvores, di Olavo Bilac.
Traduzione di Fabio Consoli
Il 12.1.2024.

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