È comune, viaggiando nel sud del Brasile, incontrare vecchie case di legno.
Non si tratta di case che siano state preservate come patrimonio storico, per qualsivoglia motivo, ma, semplicemente, case antiche.
Il legno invecchiato, le piastrelle di terracotta annerite dalle intemperie e dagli anni trascorsi, la vernice un po' sbiadita.
In alcune persistono ancora latte di olio da cucina vuote, aperte, appese con cura, piene di fiori. Vasi improvvisati che hanno resistito alla prova del tempo.
Mentre l'auto percorre i chilometri, rimaniamo ad osservare, chiedendoci quanti amori vi siano vissuti.
Quante vite siano nate tra quelle mura, quanti bambini abbiano cantato, giocato, gridato, si siano divertiti, correndo da una parte all'altra, uscendo dalla porta principale, facendo il giro attraverso il giardino ed entrando dal retro.
Quanti genitori hanno visto partire i propri figli, osservandoli finché non scomparivano dietro la curva della strada, da lì, dal cancello, anch'esso di legno.
Figli che non sono tornati a casa, perché hanno raggiunto strade internazionali, conquistando allori. O perché sono entrati nel mondo spirituale, portati via dalla morte.
Quante coppie sono invecchiate insieme, guardando il progresso impossessarsi dei raccolti, delle strade, del mondo.
Quanti drammi avranno sopportato quei muri, che sono ancora in piedi, sfidando gli anni che si sommano, e si moltiplicano.
Alcune, un po' abbandonate, si presentano coperte dall'edera che le abbraccia, come se volesse trattenere lì tutto l'amore vissuto, tutte le risate e le gioie provate.
Quel che resta è il legno ricoperto dal verde che insiste a impossessarsi degli spazi, sempre di più, come a dire: Se nessuno abita più qui, farò mia questa casa.
O magari perché, scoprendo la ricchezza di quelle vite ancora presente, vuole nutrirsene e conservare quelle vibrazioni così felici tra i rami che diffonde.
* * *
Case vecchie. Vecchie case.
Guardandole, iniziamo a riflettere su come, a volte, ci stressiamo, ci preoccupiamo per tante piccole cose, senza importanza.
Litighiamo, entriamo in disaccordo perché vogliamo imporre le nostre volontà. Discutiamo sul motivo per cui il quadro dovrebbe essere appeso in questo posto e non in quello.
Creiamo un'atmosfera tesa perché non approviamo il colore della vernice che altri hanno scelto per la nostra casa.
Piangiamo perché il divano del soggiorno è stato macchiato, la fine porcellana si è rotta, il vaso si è spaccato.
E, nel frattempo, la vita passa così in fretta. E tutto ciò che è materiale e per il quale ci sforziamo, viene lasciato indietro.
Qualcuno, dopo che ce ne andremo, si impossesserà di quel patrimonio e lo modificherà come meglio crede.
Si occuperà della sua conservazione o lo passerà ad altri, o lo abbandonerà.
O forse non avremo nemmeno, davvero, nessuno a cui lasciare in eredità tutto ciò che custodiamo gelosamente, e che nemmeno noi utilizziamo adeguatamente, per non spenderlo, per non rovinarlo.
Pensiamoci e impariamo a godere dei beni materiali che la Divinità ci permette di possedere.
Esistono per darci piacere, conforto, calore, protezione.
E, impegniamoci davvero ad accumulare tesori dell'anima, gli unici che porteremo con noi, quando la morte verrà ad invitarci ad entrare nella Spiritualità, di nuovo...
Pensiamoci adesso.
Redazione del Momento Spirita
Traduzione di Fabio Consoli
Il 3.6.2023.