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Momento Espírita
Curitiba, 24 de Novembro de 2024
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ícone L’indesiderata delle genti

Ci siamo già chiesti cosa faremmo se, all'improvviso, una malattia crudele ci abbracciasse e decretasse la nostra condanna a morte?

O, se in piena attività, la morte venisse e ci rapisse?

La vicinanza della morte ha già portato molte menti privilegiate a riflettere sulla vita. Alcuni hanno trasformato quella riflessione in parole.

Il neurologo e scrittore inglese Oliver Sacks, malato di cancro al fegato, all'età di ottantuno anni, ha scritto nel febbraio 2015 sul quotidiano americano The New York Times:

Mi sento intensamente vivo, e voglio e spero, nel tempo che mi resta, di approfondire le mie amicizie, di dire addio a chi amo, di scrivere di più, di viaggiare. Se ne avrò la forza, spero di raggiungere nuovi livelli di comprensione e discernimento.

Professore di neurologia e psichiatria, studioso di argomenti come la percezione e la coscienza, ha anche scritto: Soprattutto, sono stato un essere cosciente, su questo bel pianeta, e solo questo già è stato per me un enorme privilegio e un'avventura.

Nella sua lettera d'addio ha confessato: Non posso fingere di non aver paura, ma il mio sentimento predominante è la gratitudine.

Ho amato e sono stato amato, ho ricevuto molto e ho dato qualcosa in cambio,ho letto, viaggiato, pensato, scritto.

Poco più di sei mesi dopo, nell'agosto dello stesso anno, disincarnò.

A sua volta, lo scrittore, educatore, teologo e psicoanalista Rubem Alves, morto nel 2014, ha lasciato una lettera da leggere alla sua cerimonia funebre.

Scritta nove anni prima, oltre alle riflessioni sulla fine della vita, c'erano indicazioni per quando sarebbe arrivata la sua ora, come la recitazione di poesie di autori che cantavano la morte.

Ha scritto: Non ho paura della morte, anche se ho paura di morire.

Morire può essere doloroso e umiliante, ma lascio alla morte una domanda: tornerò nel luogo in cui ero sempre, prima di nascere, prima del Big Bang?

Durante questi miliardi di anni, non ho sofferto e non sono stato angosciato per il tempo che passava.

Tornerò là finché non nascerò di nuovo.

*   *   *

Serenità di fronte alla morte. Gratitudine per la vita.

Non è stato che questo l'insegnamento offerto e vissuto dal nostro Maestro Gesù.

Nella cosiddetta Ultima Cena a Gerusalemme, prima del Suo arresto, processo arbitrario e crocifissione, Lui dà indicazioni agli apostoli.

Si sofferma sui dettagli, predice le sofferenze che verranno loro e termina con una preghiera accorata, in cui esprime la grandezza del Suo Spirito, preoccupandosi per coloro che rimarranno:

Padre, è venuta l'ora: Glorifica Tuo filho perché il figlio Tuo glorifichi Te. 

Io Ti ho glorificato sulla Terra. Ho compiuto l'opera che mi hai dato da fare. 

Ho manifestato il Tuo nome agli uomini. Prego per loro.

Io non sono più nel mondo, loro invece sono nel mondo. Io vengo a Te.

Padre, conserva nel Tuo nome quelli che mi hai dato.

Non prego soltanto per questi. Ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola.

Padre, ora vengo a Te. E non chiedo che li tolga dal mondo, ma che li liberi dal male.

In seguito, si diresse con gli Apostoli all'Orto degli Ulivi, dove rimase in preghiera, in comunione con il Padre, finché vennero ad arrestarLo.

Gesù, l'esempio.

Tanti altri, sulla Terra, Lo hanno imitato. ImitiamoLo anche noi.

Redazione del Momento Spirita, prendendo spunto dall'articolo
Adeus à vida sob o sentimento de gratidão, da revista Iátrico, nº 36,
 di agosto  2017, ed. del Conselho Regional de Medicina do Estado
 do Paraná, e com transcrizione dal
Vangelo secondo Giovanni,
 cap. 17, vers. 1ss.
Traduzione di Fabio Consoli
Il 15.8.2022.

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